Per Leonardo da Vinci la musica rivela il mondo invisibile. Sebbene definisse la musica “sorella minore della pittura”, egli faceva spesso ricorso ad analogie musicali per approfondire le qualità trascendenti della pittura stessa. Infatti è proprio nel Trattato della pittura (Codice Vaticano Urbinate 1720), che compare la sua celebre definizione della musica come “raffigurazione dell’invisibile”. E’ significativo che l’eclettico genio rinascimentale abbia impiegato questa particolare descrizione della musica nel suo tributo alla pittura, poiché i suoi disegni di acustica e di strumenti musicali possono essere considerati come la trasposizione in immagini del regno invisibile del suono.
Leonardo era affascinato dal mondo uditivo e dimostrò questo suo interesse molto prolificamente nel Codice Atlantico. Il suono gli serviva come strumento critico per spiegare fenomeni naturali, le varie analogie tra gli elementi e i fenomeni legati all’universo fisico. Se quindi da un lato l’acustica forniva a Leonardo schemi teorici per comprendere le leggi della natura, dall’altro gli strumenti musicali gli offrivano l’opportunità molto più tangibile di confrontarsi con specifici dilemmi acustici, tecnologici, estetici e anche di immaginare nuove tecniche ibride per la produzione del suono.